Ritratti a memoria – Marina Frontali

Mi sono resa conto allora che non eri  per nulla intimidita  dalla scarsa conoscenze delle persone, che ti univi facilmente ai discorsi fatti da chi, conoscendosi da tempo, parlava di esperienze e ricordi comuni, o trattava argomenti vari con discorsi ellittici che davano per scontata una lunga dimestichezza. Ti bastava chiedere serenamente quello che non ti era chiaro, senza  fartene il minimo problema. Ti univi allle danze con aria felice. Invidiavo un po’ questa tua capacità, visto che al tuo posto sarei ammutolita, avrei cercato di evitare ogni contatto, mi sarei scelta un posto che dava poco nell’occhio e avrei cercato di assumere un aria indifferente.

Ho imparato a conoscerti meglio alle riunioni dei libri: anche in queste occasioni conoscevi pochi partecipanti, ma hai subito familiarizzato  con tutti, trovando passioni comuni per l’opera con Guido Tagliacozzo, comuni esperienze didattiche con Ludovica e Franca,  discutendo con tutti dei libri letti e da leggere in modo sereno, mai assertivo, proponendo sempre libri eccellenti (tra i quali mi ha colpito particolarmente  l’uomo con il fucile), mostrando, con aria scanzonata, la tua vasta cultura e i tuoi molteplici interessi.

E’ cominciata in seguito alle riunioni dei libri anche una frequentazione  piu personale con te e Roberto: il weekend insieme a Montemerano, gli inviti a cena, le gite fuori  Roma.  Abbiamo avuto modo in queste occasioni di parlarci anche di cose piu intime, dei problemi quotidiani,  dei rapporti con i familiari, ma anche di scemenze, di cose divertenti. Erano conversazioni che si sviluppavano con facilita, senza apprensioni, senza paura dei vuoti, come avviene tra persone unite da legami profondi. Luciano ed io siamo entrati così a far parte di coloro a i quali infaticabilmente proponevi nuove iniziative: la visita del castello di Ariccia,  un film da vedere insieme, le serate di Downton Abbey.

Ti sono venuta a trovare al Policlinico di Tor Vergata: anche li, nonostante tutto, abbiamo chiacchierato serenamente. Invece di parlarmi di te e dei tuoi problemi, continuavi a chiedere di me, di Luciano, della sua recente operazione: sembrava che tu fossi a chiacchiera in un salotto invece che in un letto di ospedale.

La malattia non ti ha cambiato: anzi se possibile ha aggiunto ulteriore voglia di vivere, di vedere, di viaggiare…. Un volta mi hai detto che dovevi sbrigarti a vedere tutto quello che avresti voluto, perche non avresti avuto molto tempo per farlo.  La malattia dunque non era un fantasma da nascondere, un tabu,  ma un evento con cui fare i conti il piu serenamente possibile. Parlavi delle chemioterapie fatte e da fare, dei noduli polmonari,   senza creare angoscia nel tuo interlocutore, come se si parlasse del tempo che fa  o degli eventi accaduti il giorno prima. Anche quando  il tuo fisico era palesemente debilitato, la voglia di fare, di partecipare,  di esserci  era piu forte delle tue limitazioni, sicura e fiduciosa che gli altri avrebbero capito . E’ cosi che ti ricordo all’invito al Villino Volterra ad Ariccia.

Cara Margherita, ho un solo rimpianto: quello di non essere passata a trovarti  quando ormai la malattia aveva vinto. C’eravamo sentite per telefono e ancora una volta  avavamo parlato sia di concerti che dei tuoi problemi di salute, ma  la tua aria serena non mi aveva fatto presagire il peggio e ho quindi rimandato la visita, che poi non sono piu riuscita a fare.

Ora non riesco piu a pensare alle riunioni dei libri senza di te.