Questo è uno spazio nel quale gli amici che lo vorranno potranno contribuire a conservare il ricordo di Margherita attraverso una sorta di piccoli parziali “ritratti a memoria” che potranno inviare all’indirizzo: postmaster@margie.info.
Se è vero che la mia vita è ormai indissolubilmente legata alla favola, all’avventura, all’impegno di Roma Tre Orchestra, è altrettanto vero che questa fin dall’inizio è stata legata al rapporto di amicizia oserei dire filiale con Roberto Pujia…e conoscere Roberto Pujia ha significato da subito conoscere Margherita: testimone attiva, partecipe, amica instancabile della nostra creatura artistica.
Ricordo il nostro primo incontro, fu ad una cena, organizzata prima che R3O nascesse sul serio, poco dopo il nostro primo rocambolesco concerto del giugno 2002. Roberto Andò e la moglie erano a cena dai coniugi Pujia e questi ultimi avevano voluto invitare anche me all’evento, per meglio presentare agli importanti ospiti la nuova realtà musicale che andavamo costruendo. Avevo 22 anni: alla porta mi accolse un Roberto Pujia in maniche di camicia e shaker in mano, che mi disse, appena varcata la soglia: ci facciamo un Margarita?
Margherita ed io ci conoscevamo da circa dieci anni, eppure tante cose di lei e della sua vita non le ho sapute se non negli ultimissimi tempi, anzi, forse proprio in questo ultimo anno. Mi aveva stupita raccontandomi della sua ‘prima’ vita con il primo marito e delle loro spericolate vacanze in camper in giro per l’Europa, mi aveva colpito il suo confessarmi che sì, a lei la letteratura erotica di un certo tipo piaceva eccome (e aveva citato Anais Nin, tra le prime). Ricordo che una sera le confidai che era rimasta molto simpatica ad un musicista che lei stimava: Margherita, con una certa ritrosia mista ad un pizzico di narcisismo, aveva sorriso soddisfatta, come pavoneggiandosi per aver fatto breccia nell’animo altrui. Non c’era proprio nulla di cui stupirsi, Margherita: tu sapevi renderti naturalmente amabile al cuore di chi incontravi, con il tuo sorriso spontaneo e quella insolita leggerezza, insolita per una persona che da anni combatteva come una coraggiosa guerriera contro un male che l’andava divorando, e noi tutti lo sapevamo. Mai ti ho sentita lagnartene o appestare l’altro con i tuoi malesseri (e ne hai subìte, di torture medico-chirurgiche).
Mai dire a Margherita che forse … in caso di … certo senza fretta, tu potresti aver bisogno, che so, di una maglietta intima à pois ocra e violetto.
Il suo entusiasmo diviene immediatamente contagioso, è come un vento che spazza via ogni pigrizia, è una bellissima idea, certamente interessante, lei ti dice subito, l’accostamento dei colori è innovativo, il disegno intrigante per una canottiera da indossare a pelle, e tu che avevi qualche dubbio, ti senti improvvisamente un genio della moda.
La sua è generosità sincera, onestà di sentimenti, assenza di meschinità e invidia, desiderio di dare, piacere nel partecipare e nel condividere, specialmente quel che di bello ci è intorno, e non solo un concerto o un libro o uno scavo archeologico, ma anche un paio di orecchini o la ricerca di una improbabile maglietta à pois.
Mi manca moltissimo Margherita e ora cerco di spiegare il significato che aveva per me.
Margherita l’ho incontrata alla facoltà di lettere mentre frequentavo il corso di storia moderna con il prof Romeo, era una studentessa “fuori sede” e ha iniziato a stare da me suscitando la simpatia di mia madre che normalmente trovava impresentabili le mie amiche per un pregiudizio profondo che aveva nei miei confronti. Solo Margherita è stata capace di annullare quel pregiudizio.
Per me, Margherita era tutte le bellezze di Roma. Per me, lei era Roma. Ci siamo conosciute molti anni fa, a casa di un caro amico nostro, il fu Ron Strom. Tra noi due donne, c’era un colpo di fulmine istantaneo. Siamo state unite per mezzo dei nostri nomi (Margherita e Margaret) e per mezzo del nostro amore condiviso per la letteratura italiana. Eravamo due insegnanti della letteratura italiana; lei a Roma, io in California. Oltre questo, i nostri mariti erano professori universitari di storia; e ciascuna di noi aveva una figlia unica, della stessa età.
Cara Margherita, quando sei venuta con Roberto al matrimonio di Nicola, nel 2000, ti conoscevo da poco, mentre con Roberto avevamo avuto una lunga frequentazione. Ero un po’ preoccupata che ti trovassi isolata in un ambiente nuovo, con persone che vedevi per la prima volta e che avevano tra loro una gran dimestichezza. Buttavo ogni tanto un occhio per vedere come andava, ma ti vedevo sempre chiacchierare con qualcuno o partecipare alle danze.
Ciao Margherita…che dire, ogni parola è superflua e tu con la tua innata sensibilità’ ed intelligenza ,ovunque tu sia, capirai l’immenso vuoto che quel tristissimo giorno ci è arrivato come un pugno nello stomaco.
Mi hai accolto, ci hai accolto, (Davide e me) come dei vecchi amici, nipoti e l’imbarazzo iniziale è svanito come in un lampo.
Che dire poi delle nostre passioni, coincidenze di passioni le chiamerei, che mai avrei pensato di ritrovare in te, in voi (Roberto non è da meno anzi…)
Che cazz’hai combinato amica mia?
Puro tu c’hai l’invidia dei sessanta?
Ma che te frega? Lascia perde; e pija
la via de fuggì er tempo che ce ‘ncanta,
che te fa crede quer che nun è vero!
Sei sempre bella, giovane e carina;
dovunque vai, er sorriso tuo sincero
sempre brilla, de sera e de mattina!
Se prima de noi tutti l’ha scoperto
er professore, ovverosia Roberto,
che a Roma della musica ogni rito
nun c’è senza de te, pur’io ho capito…
Così per me d’ogni stagion fiorita
ar centro sarà sempre Margherita.
Simona
Roma, 11 maggio 2008
Scrivere per ricordare Margherita è difficile: si ricorda quello che non c’è più e lei invece era assolutamente una presenza; mai ingombrante, sempre accogliente, con una grazia dei gesti e del sorriso che faceva luce intorno. La vedo venirmi incontro con un’amica nella strada della posta, uno dei tanti incontri casuali nel nostro quartiere; e mi mancano quegli incontri che rinnovavano, senza tante dichiarazioni, la gioia del volersi bene e del comunicarselo.
L’amicizia… dicono “ dopo una certa età non si fanno più amicizie vere e importanti”. Falso: quando abbiamo fatto amicizia con Margherita, avevo da poco compiuto sessant’anni. Il primo incontro è stato a una conferenza dello scrittore israeliano Abraham Yehoshua all’Università di Roma Tre. Avevamo un’amica comune, le case di Margherita e Franca si affacciano sullo stesso cortile di un palazzo costruito per i dipendenti delle ferrovie nel quartiere di San Lorenzo, dove anche io abito. Così, dopo la conferenza, Margherita mi dette un passaggio nella sua automobile e non ricordo, ma è molto probabile che si sia parlato di scuola.